
Nei successivi anni ‘80 dilaga il consumismo. Sono gli anni della competizione, dell’edonismo, della voglia di mostrarsi a tutti i costi, anche correndo il rischio di mostrarsi “brutti”: nel bene o nel male, purché se ne parli!
La donna è in carriera, è efficiente, curata nei minimi dettagli. Mira alle più alte cariche istituzionali, fa irruzione in quei ruoli che prima di allora erano stati prettamente maschili.La “nuova donna” è protetta dalla sua armatura di abbigliamento, trucco e parrucco e si muove rigida: il tanto caro “naturale” della cultura hippy degli anni ‘60/‘70 è decisamente passato di moda.
Quante di voi ricordano invece le fatidiche spalline?! Un must dell’epoca, tornate di moda anche ultimamente... contribuiscono di certo a conferire quel “quid” che emana autorevolezza (non per forza autorità!) a chi le indossa, donando all’intera figura ancora più carattere!
Viene reinterpretato l’animalier in chiave più rock: nascono le prime camicie di seta e i caftani, assolutamente animalier!
Contemporaneamente però i giovani ce la mettono tutta per far mostrare al mondo i disagi dei loro anni: a Londra nasce il Punk. Gli adolescenti amano indossare abiti volutamente “rovinati, maltrattati”, che ricordano i vestiti da lavoro degli operai. Mentalmente e visivamente, scelgono di mettersi dalla parte della borghesia. Tra i ragazzi newyorkesi nasce quello che comunemente prenderà il nome di “streetstyle”. Insomma, la loro moda non ci nasconde l’intreccio di male e bene dell’esistenza, anzi ci immerge nelle contraddizioni della condizione umana, ne preserva il desiderio, color amaranto (!!), che la anima...
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